Miniere di Capoliveri
Alla scoperta delle miniere di Capoliveri
Come si presentano oggi
Nel 1981 terminò l’attività estrattiva delle miniere di ferro dell’Elba, lasciandosi dietro di se una storia iniziata con gli Etruschi nell’ottavo secolo avanti Cristo. Sappiamo dai sondaggi e dalle ricerche effettuati nel corso degli anni, che milioni di tonnellate di minerali di ferro giacciono disponibili nel sottosuolo e sono: Pirite, Oligisto, Ematite e Magnetite, mentre in superficie e sui ripiani degli scavi è tutto un luccichio a volte anche iridescente, mentre grossi blocchi metallici si sfaldano sotto l’azione dei fenomeni atmosferici, dando origine agli ossidi di ferro: ocre rosse e gialle.
Negli avvallamenti del terreno quando piove abbondantemente, si formano laghetti rosso sangue e le valli ne trasportano in mare i torbidi fanghi incorniciandone le coste. La macchia mediterranea riconquista faticosamente i territori stravolti dagli scavi, ricucendo di verde l’incancellabili cicatrici del terreno. A primavera i profumi delle ginestre e dei rosmarini, inondano i luoghi dove l’acre fiatare dei martelli perforatori, le polveri, i fumi delle mine, i gas di scarico delle ruspe, escavatori e camion, rendevano l’aria irrespirabile. Le viscere della terra sono percorse da profonde lunghe gallerie scavate nella magnetite che lascia passare dalle sottili fessure, come fossero ferite aperte, i rossi e gialli colori degli ossidi di ferro, pennellano di lunghe strisciate le pareti o calando stalattiti dello stesso colore. Queste sono oggi le miniere dell’Elba che si trovano nei comuni minerari di Rio e Capoliveri e che possono essere visitate accompagnati da guide minerarie o turistiche.
Le miniere nel comune di Capoliveri
Capoliveri é uno dei sette comuni dell’Elba che, con quelli di Rio e Porto Azzurro, faceva parte dei cosi detti comuni minerari. Le miniere erano gestite da un'unica Società concessionaria, l’ultima è stata la Soc. Italsider, con la quale ebbe inizio la crisi mineraria che portò alla chiusura delle miniere. Il paese nei secoli ha vissuto e si è sviluppato tramite il faticoso lavoro dei minatori, uomini mal pagati e sfruttati fino all’inverosimile e che il poeta-farmacista Bartolommeo Sestini, naturalizzato capoliverese, nella sua Preghiera del minatore così descrive:
“Stravolti gli occhi e accesi di fatica scavian cantando intra la terra rossa, per noi scaviamo quella stessa fossa onde vien fuora il pan che ci nutrica“
E ancora oggi che sono passati 42anni dalla chiusura delle miniere, i capoliveresi indicano la miniera di Calamita chiamandola: La cavaccia! Una lapide collocata nella Piazza del Cavatore, nel palazzo dove si trova la sede della Società partecipata Caput-Liberun che gestisce le visite guidate nelle miniere, riporta, tra l’alto, in una poesia di F.A. Bonalumi dedicata a Capoliveri, questo versetto riguardante le miniere di Calamita:
“E magnifico sfondo al dorso ai lati di metalliche tinte scintillanti. La Calamita ha i giochi suoi spiegati. 1901“
Miniera di Calamita
Calamita era la miniera più estesa con diversi cantieri sparsi su un vasto territorio partendo dalle pendici di Monte Calamita (413Mt), con i primi cantieri alla quota 360 e degradando fino a raggiungere quelli a livello del mare. I più importanti sono stati: Le piane, Il vallone basso, Il vallone alto, formato in seguito all’avanzamento del vallone che incorporò il cantiere delle francesche, in attività fin dal 1884; Le cote nere, polveraio, macei alto, macei basso, nuova zona, albaroccia, punta rossa, e la civetta . Fino al termine dell’ultima guerra mondiale, il minerale veniva trasportato alla così denominata “Cala dello fero”, oggi Innamorata, dove a ridosso delle isole Gemini vi era un lungo mastodontico pontile di carico. Vi giungeva attraverso una ferrovia la cui lunghezza, considerando lo sviluppo all’interno dei cantieri, era di sei Km.
Nel dopoguerra venne costruito il nuovo pontile di carico al cantiere del Vallone e il minerale trattato dalla laveria del Cannello veniva stoccato nei silos adiacenti al pontile, per essere caricato sulle navi con destinazione, Piombino, Taranto, Bagnoli. Come detto il minerale dominante era la magnetite, ma si trovavano anche ematite, pirite, limonite e ocre. Oltre al ferro qui sono stati trovati altri metalli di grande pregio, che hanno arricchito le grandi collezioni private e pubbliche, voglio ricordare l’Ilvaite nera, scoperta nel 1807sul monte Calamita, il quarzo prasio, solo per citarne alcuni. A detta degli esperti questa miniera era una miniera nella miniera. Già nel 1899 la rivista delle industrie minerarie italiane, “Rassegna mineraria”, in un articolo scientifico scrisse: “ Questa miniera è la più singolare e importante dell’Isola d’Elba. La emanazione ferrifera ha qui incontrato delle condizioni speciali, e ha lasciato dei prodotti speciali, tanto chè si può dire essere questa miniera completamente diversa dalle altre”. Una miniera importante come quella di Calamita, che è “diversa dalle altre”, lo avevamo già notato in tanti trattati curati da gruppi mineralogici nazionali e internazionali, ma ci riempie di soddisfazione il fatto che già nel 1800 tale definizione fosse già stata definita.
Miniera di Ginevro
Questa miniera, che fa parte del compendio minerario di Monte Calamita, è situata verso levante, di fronte alla costa maremmana. Dista circa 11 km dal centro abitato di Capoliveri e 5 km dalla miniera di Calamita. Nel 1914 i tecnici della società mineraria diedero il via a uno studio per accertare se il minerale affiorante alle quote 80-90 nella località di Ginevro fosse in quantità tale e di ricchezza consistente per rendere possibile dal punto di vista economico l’apertura di un’escavazione. Il risultato fu quello della localizzazione di lenti di magnetite molto compatte. Solo nel 1928 si decise di dare il via alle ricerche con sondaggi, gallerie e scavi a cielo aperto seguendo le due lenti individuate, una delle quali, quella a nord, di grandezza considerevole. Si aprirono gallerie a quote diverse: 81, 54, 30 e 6, per esplorare in tutta la consistenza i filoni di superficie e avviarne la coltivazione esterna. Nel frattempo furono fatti ulteriori sondaggi che diedero conferma a quella che era un’ipotesi molto concreta: le lenti si immergevano sotto il livello del mare. Nel 1960 venne pertanto avviata, partendo dall’interno della già esistente galleria di quota 6 una discenderia, per poter realizzare ricerche ai livelli -24 e -54. Venne nel frattempo realizzato un pozzo che da +54 raggiunse -91 e avviate due coltivazioni interne. Nel 1970 l’argano della torre d’estrazione iniziò a portare all’esterno la magnetite scavata nelle coltivazioni sotto il livello del mare, convogliandola con un lungo nastro alla laveria a secco del Ginevro. A differenza della miniera di Calamita, qui l’unico minerale di ferro trovato è stata la magnetite.
Miniera di Sassi Neri
Anche la miniera dei Sassi Neri si trova a Sud con davanti a se la costa maremmana. Per arrivare alla miniera bisognava accedere dalla proprietà privata della Fattoria Ripe Alte, percorrendo una strada sterrata che raggiungeva il magazzino di quota 200 e da qui l’ultimo scavo a livello del mare. I primi lavori iniziarono nel 1935 con opportuni sbancamenti, scoprendo il banco di magnetite che fu coltivato fino a -4. La chiusura definitiva avvenne nel 1968 e lo scavo, sotto il livello zero, venne ben presto riempito dalle acque meteore provenienti in abbondanza dalle valli sovrastanti formando un laghetto, molto caratteristico incastonato nel verde della macchia meditterranea. Le caratteristiche della magnetite erano ottime, ma rispetto a quella di Ginevro conteneva una maggiore quantità di zolfo. Sul posto non vi erano macchinari per la frantumazione e il materiale abbattuto, era allora caricato sui camion e trasportato alla laveria di Ginevro, oppure a quella del Cannello nella miniera di Calamita.
Di Filippo Boreali
È nato a Rio Marina nel 1941. Dopo il triennio formativo presso la Scuola mineraria, nel 1960 viene assunto dalla società “Ferromin”, concessionaria delle cave e delle miniere dell’Elba, con la mansione di minatore. Lavorerà nelle gallerie di Ginevro, nel territorio del comune di Capoliveri, sino al 1981, anno della chiusura.